LA FORZA DELL’INTROVERSIONE

Passeggiando lungo la spiaggia qualche mese fa, sono stata attratta da questa immagine che ho voluto catturare con questa foto.
E’ la mia idea di Introversione: calma, pace, capacità di stare con se stessi, piacere nella solitudine, recupero delle energie riducendo al minimo gli stimoli. A me, quest’immagine, trasmette questo.
Accreditati vocabolari definiscono "Introverso" colui che tende a ripiegarsi in se stesso, a chiudersi nel proprio mondo di pensieri e fantasie. Nel linguaggio e nel pensiero comune equipariamo l’introverso alla persona chiusa, schiva, timida, asociale.
Nel nostro attuale mondo lavorativo, scolastico, sociale e “social”, dove conta la visibilità, l’esuberanza, la rapidità, la sovrabbondanza di parole, di relazioni, di azioni che aumentino la propria notorietà, è facile intuire quanto l’introversione sia fuori posto e connotata negativamente, tutt’altro che auspicata come qualità.
In realtà l’introverso, o meglio, il concetto di introversione, è “vittima” di forti pregiudizi, errati e fuorvianti. Capire questo è molto importante per tutti noi (adulti, genitori, professionisti, insegnanti, ecc.) che rischiamo di auto-negare una tanto naturale quanto apprezzabile qualità del carattere o, peggio ancora, che rischiamo di scoraggiare e denigrare le tendenze introverse degli altri, magari dei nostri figli.
Possiamo iniziare a rivalutare il concetto provando a considerare l’introversione e l’estroversione come due polarità (già Jung le aveva teorizzate come coppia dicotomica di modalità di funzionamento) lungo un continuum, che esprimiamo nei vari ambiti della nostra vita: nei rapporti familiari, coi colleghi, con gli amici, quando studiamo o facciamo sport.
Ciascuno di noi ha una predisposizione e, perché no, una preferenza per uno di questi due atteggiamenti e nessuno dei due detiene il primato in termini di efficacia o di desiderabilità.
Possiamo anche rilassarci considerando che Einstein, Gandhi, Proust, Lincoln, Bill Gates sono alcuni dei molti nomi di individui considerati introversi.
Albert Einstein, scriveva così di sé:
«In singolare contrasto col mio senso ardente di giustizia e di dovere sociale, non ho mai sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e alla società in generale. Sono proprio un cavallo che vuole tirare da solo; mai mi sono dato pienamente né allo stato, né alla terra natale, né agli amici e neppure ai congiunti più prossimi; anzi ho sempre avuto di fronte a questi legami la sensazione di essere un estraneo e ho sempre sentito bisogno di solitudine; e questa sensazione non fa che aumentare con gli anni. Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dell'intesa e dell'armonia con il prossimo. Certo, un uomo di questo carattere perde così una parte del suo candore e della sua serenità, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi simili » (in "Come io vedo il mondo").
La persona introversa, è spiccatamente empatica, ama relazioni intime, selezionate, profonde e ricerca una grande affinità con coloro che incontra. Propende per la riflessione su di sé, sugli altri e sul mondo, per un tipo di pensiero creativo, per una continua ricerca verso la consapevolezza. L’introverso non disdegna una festa con gli amici o una conferenza pubblica ma, poiché vive queste situazioni come “dispendiose” in termini di energia, ha necessità di ricaricarsi ritrovando la calma stando solo con se stesso.
La solitudine è una dimensione di vitale importanza per la persona introversa; non è l’isolamento proprio di chi teme il giudizio sociale come può essere ad es. per la persona timida. Al contrario, è uno spazio ideale per fare silenzio, per ascoltare i propri pensieri, le proprie idee, è il terreno migliore affinché si manifesti la creatività.
L’estroverso invece prende energia dall'esterno, nei rapporti sociali, nell'azione. L'inattività tende a 'spegnerlo'. Si inserisce con facilità in tutti i contesti sociali, anche in situazioni nuove che gli garantiscono il necessario livello di stimolazione. Ama esporsi in prima persona e non si imbarazza ad attirare l’attenzione su di sé. Le relazioni, ricercate più in quantità che in qualità, gli garantiscono emozioni positive ed energia. Alla riflessione preferisce l’azione e la comunicazione. La solitudine e l’isolamento gli creano un senso di disagio.
E’ abbastanza intuitivo concludere che viviamo in un mondo (maggiormente quello occidentale) per estroversi. Ma come scrive Susan Cain (“Quiet. Il potere degli introversi in un mondo che non sa smettere di parlare”), gli introversi hanno un grosso contributo da dare al mondo proprio in virtù delle loro qualità. Le persone introverse hanno bisogno di iniziare a riconoscere il proprio potenziale e ricercare le condizioni migliori affinché esso possa emergere. Negli ultimi tempi, tanto nella scuola quanto nelle aziende, vi è una forte tendenza a proporre il lavoro in team. Sebbene siano numerose le prove che confermano l’efficacia della modalità di lavoro di squadra, è importante tenere a mente, soprattutto quando gli introversi con cui abbiamo a che fare sono BAMBINI, che essi hanno bisogno anche di spazi di autonomia, di silenzio, di quiete affinché possano emergere le migliori idee e riflessioni.
Quindi, anziché squalificare ciò che è diverso (cosa che facciamo spesso) o sentirci diversi e sbagliati, perché non conformi al modello dominante e più “alla moda”, iniziamo a considerare l’introversione una qualità ed una risorsa preziosa tanto quanto l’estroversione. Iniziamo a credere che della “capacità di rientrare un po’ di più in se stessi e nella propria testa” ce n’è proprio bisogno.